L’edificio chiuso tra mura, con orto e giardino, ha l’eleganza degli stucchi del Settecento: oggi il Seminario vescovile di Aosta non ospita più seminaristi, l’ultimo è stato ordinato nel 2020, ma iniziative e conferenze e ospita tutt’ora una preziosa biblioteca. La sua facciata è invece tornata allo splendore originario, grazie ad un progetto di restauro durato più di un anno, da luglio 2020 a settembre 2021.
La versione attuale, con il grigio azzurro delle specchiature tra le finestre e gli stucchi bianchi, è stata inaugurata il 5 novembre 1780 e nella stessa data, ma del 2021, è stato presentato al pubblico il dettaglio del restauro, assieme ad una ricostruzione storia dall’originario priorato di Saint-Jacquême, datato XII secolo, alle linee pulite del Settecento, come è stato raccontato, con parole ed immagini, durante l’inaugurazione da parte di Chiara Devoti, aostana che dirige la Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio e fa parte del Collegio del dottorato in Beni architettonici e paesaggistici del Politecnico di Torino.
L’intervento, finanziato da fondi diocesani e con il contributo della Regione autonoma Valle d’Aosta e della Fondazione CRT di Torino. era già stato voluto dal rettore, monsignor Franco Lovignana, ora vescovo di Aosta, ma è andato a buon fine sotto il rettorato di don Renato Roux e portato a termine sotto l’egida di don Albino Linty-Blanchet e fra’ Marcello Lanzini.
Il progetto di restauro è stato elaborato nel 2018 da un gruppo di lavoro costituito dall’ingegnere Michele Cuzzoni di Pavia, dall’architetto Paola Coppi di Milano e dalla restauratrice Novella Cuaz di Aosta, per una spesa totale di 314.979,10 euro. L’importo sarà coperto per 213.357,38 euro dal contributo regionale (legge n. 27/93), mentre altri 36.000 euro vengono dalla Fondazione CRT di Torino nell’ambito del bando “Cantieri di restauro 2020”.
I lavori sono svolti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta. La restauratrice Novella Cuaz di Roisan, accreditata dal Ministero dei beni culturali, ha realizzato e coordinato i lavori, con la sua squadra composta da Emanuela Bertoli, Marta De Marchi, Michela Ravasio, Erika Favre, Margherita Scandolera, e con l’aiuto del decoratore Arben Beleshi.
L’intervento di pulitura, sui circa 750 metri quadrati della facciata, ha permesso di rimuovere depositi e stuccature precedenti ed elementi metallici arrugginiti, poi di consolidare gli intonaci, che a volte cadevano, integrando le parti di stucchi mancanti, tra cui un terzo dell’imponente cornicione e la sporgenza del pilastro orientale. Gli stucchi sono poi stati completati con la stesura di un protettivo. Tra i ponteggi, che a poco a poco spariranno, fa capolino una meridiana che torna anch’essa all’antico splendore. «La presenza della meridiana in facciata – spiega Roberta Bordon, direttrice dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici della Curia vescovile – ha richiesto il coinvolgimento di un esperto di gnomonica, il geometra Luigi Ghia, che insieme al fabbro Livio Mognol ha ricostruito l’articolata struttura in ferro di inizio Ottocento, che era andata in parte perduta, funzionale all’indicazione delle ore, delle mezz’ore e dei due solstizi, autunnale e primaverile».